Il racconto dei racconti - Tale of Tales

Ho visto due sere fa questo bellissimo film. Mi sono un po' forzata nel vederlo, pensavo "un film di un regista italiano che racconta storie di fiabe? sarà molto noioso e con effetti così così". Ho dovuto ricredermi completamente. E meno male che non hanno vinto i miei pregiudizi che certe volte diventano muri impenetrabili. Un film bellissimo. Film tratto dalla raccolta di fiabe più antica d'Europa "Lo cunto de li cunti", scritta fra il 1500 e il 1600 in lingua napoletana da Giambattista Basile. Una regia maestosa e finissima di Matteo Garrone, tanto attento ai dettagli quanto all'atmosfera fiabesca della storia, capace di ricamare un tessuto a trama di 3 episodi scorrevole e leggero come una musica. E poi appunto la musica: protagonista così come gli attori, sempre presente, bellissima, capace di far penetrare lo spettatore nel fitto "bosco" fiabesco di cui è impregnato il film. Sono fiabe senza tempo e senza luogo, anche se gran parte delle scene è stata girata in Italia (che bella) e le storie a tratti sono crude, violente così come sono le fiabe antiche. Facendomi trasportare in un mondo onirico e molto molto vicino al mood infantile, ho gioito, rabbrividito, ho provato dispiacere e condiviso le storie misteriose e tormentate dei protagonisti. Mi è sembrato di camminare dentro al bosco incantato, ho creduto a tutte le immagini magiche, allegoriche, che Garrone ha proposto. E' stato capace di rendere tutta la bellezza magica e tutta la crudezza "medievale" delle storie, facendo vivere una vera e propria "esperienza estetica" citando Victorlazlo88. Se penso a alcune "schifezze" fantasy che talvolta sforna il cinema d'oltreoceano facendo anche grandi incassi, penso che questo film italiano sia un gioiello, un incanto che mi fa ricordare "cosa è" il talento artistico.

La foresta dei sogni

Parlare di questo film senza raccontare la trama è difficile. Ma non lo farò perché io stessa l'ho visto senza saperne quasi niente, e posso dire che lo ho apprezzato di più. Detto tra noi se avessi conosciuto la trama non so se sarei andata a vederlo!:-) Quindi: io penso che sia da vedere. E' stato fischiato a Cannes, pure essendo un film d'autore (Gus Van Sant) dagli europei, e non dagli orientali. E' un film che infatti unisce, fa toccare, sfiorare direi, le culture dei due continenti in modo delicato e originale e solo per questo non merita i fischi. E poi tocca in modo singolare il tema della morte, che a noi occidentali crea disturbo assai di più che agli orientali (vedi Departures, film premiato agli Oscar e di una bellezza incredibile). Ambientato nella foresta giapponese di Aokigahara, è un racconto spirituale in stile giapponese e un tentativo di creare qualcosa di nuovo che apprezzo, anche se a tratti la sceneggiatura è un po' maldestra, un po' immatura soprattutto quando parla dei sentimenti e della vita di coppia dei due protagonisti. Ma l'atmosfera della foresta, misteriosa e a tratti cupa, crea uno scenario da fiaba degli spiriti che mi ha affascinato e inquietato. Bravi gli attori, soprattutto Ken Watanabe. Lo andrò a cercare anche in altre pellicole. Bravi anche Naomi Watts e in modo particolare Matthew McConaughey.

Carol

Ieri sera ho visto Carol Non voglio parlare tanto della storia, tratta dal romanzo di Patricia Highsmith, che tratta l'amore omosessuale, vissuto negli anni "50 (quindi con tutto contro) tra due donne, ma del linguaggio cinematografico utilizzato da Todd Haynes e di quello che ha provocato in me perché nulla in questa storia viene raccontato con toni eccessivi: i volti, gli sguardi, gli incontri tra Carol e Terese sono asciutti, sobri ma insieme di altissimo impatto emotivo. Forse proprio perché il regista ha privilegiato un linguaggio "introverso" il racconto silenzioso e muto della passione è lasciato per intero alla grandezza espressiva delle due protagoniste: Cate Blanchett e Rooney Mara (meravigliosa). Gli sguardi intensi e silenziosi di Carol e Terese raccontano tutto il dolore di non poter vivere il proprio amore alla luce del sole, la solitudine, raccontano la disperazione di una madre (la magnifica Cate Blanchett) nel non poter amare sua figlia di 4 anni, gioiosamente e in libertà, raccontano la passione, urgente, che vuole il suo spazio e il prezzo altissimo da pagare per poter essere se stessi, integralmente, fino in fondo. Raccontano l'isolamento, quwl cerchio magico che solo gli amanti hanno la fortuna di condividere con tanta intensità. E ' un film che rimane dentro. Così come rimane impresso il volto di Cate Blanchett, sguardo penetrante, duro, deciso, forte, vibrante ma anche vulnerabile. La scena finale infine è da brividi, solo quella vale tutto il film, mentre la guardavo ero lì anche io, mi avvolgeva la vivevo sulla mia pelle, quasi fisicamente. Cate Blanchett "è" Carol, ed è sempre più brava.

Il Cacciatore e la Regina di Ghiaccio

Ho visto questo film la scorsa settimana...e vorrei scrivere una recensione valorizzandone gli aspetti comici, perché su quelli fantasy preferirei calare un velo pietoso. Iniziamo dalle cose, le uniche. salvabili: le due protagoniste (la terza attrice, cioè la ragazza guerriera non riesco proprio a considerarla): Charlize Theron e Emily Blunt. Brave, bravissime. Oltre che, parlo di Charlize, di una bellezza che non so neanche come descrivere, la quintessenza del femminile. Tutto il resto da buttare: la sceneggiatura della storia più simile a una soap che a un film fantasy, dialoghi al limite della caricatura "o merda, mi è caduto lo specchio magico", siparietti amorosi tra i due, cacciatore e cacciatrice, di un romantico demenziale stile "Uomini e donne" della De Filippi.. e poi effetti speciali che potrebbero essere anni "90. Ma perché? Poteva uscire fuori un bel fantasy in stile Maleficent con Angelina Jolie, bello, scritto bene, recitato meglio e con effetti poetici in sintonia con la storia. Questo mi aspettavo. Invece ho trovato un filmaccio hollywoodiano che disonora il genere, che è pure noioso e che incasserà anche un mucchio di soldi. Peccato. Chiedo scusa per i toni un po' accaldati..e ho anche aspettato qualche giorno prima di scrivere! ;-)

Heidi (il film)

E' un bel racconto, scritto con delicatezza e attenzione, dove ciascun attore è ben calato nella parte e trasmette la sua verità. Prima tra tutti Heidi, una bambina che recita con gli occhi e con un sorriso irresistibile, tanto spontanea quanto poco "hollywodiana", capace di trasmettere l'essenza stessa del personaggio senza mai cadere nella retorica e nel banale (questa ragazzina penso che farà altri film, ha talento). A seguire la recitazione maestrale di Bruno Ganz, il nonno, ruvido, vecchio e forte. Anche lui recita con gli occhi e con un solo sguardo riesce a esprimere con emozione il suo mondo interiore. La fotografia infine fa venire voglia di andare in montagna e correre a piedi scalzi come Heidi e Peter, fa sentire il profumo del formaggio scaldato al fuoco del camino e steso sul pane nero.. Se devo trovare un limite alla sceneggiatura è nell'essersi troppo dilungata sul racconto del soggiorno di Heidi a Francoforte (registicamente fatto benissimo: che claustrofobia quelle finestre impossibili da aprire), e troppo poco sulla vita di Heidi tra le montagne. Di produzione Germanico - Svizzera il film è fedele alla trama originale, ma si sa distinguere con una personalità propria, definita, distinta e decisa: è un invito alla spontaneità, alla verità, al rispetto della effervescente e "selvatica" magia dell'infanzia, e in definitiva alla ricerca di se. Come dice Fabrizio De André "essere se stessi è una virtù esclusiva dei bambini, dei matti e dei solitari."

The danish girl

All’inizio ci sono una marito e una moglie. Si divertono insieme, giocano insieme, si rispettano, si amano. Profondamente. Alla fine ci sono due “persone” che ancora si rispettano, forse di più, che si conoscono, che si amano. Profondamente. Questa pellicola è terapeutica a parere mio. A differenza di tante storie dove la coppia si tradisce, non si rispetta, dove uno dei due componenti fa del male, fisico o psicologico, all’altro, dove manca la pazienza e la voglia di darsi del tempo per conoscere la persona che divide con noi le sue giornate e la sua vita, in questo film c’è tanto rispetto. Forse l’ambientazione della vicenda negli anni “20 ha aiutato, ma è proprio la storia tra due individui speciali che fa tutto il resto. Porta verità, pazienza, fiducia nell’amore e sì, anche nel matrimonio. Premio Oscar meritatissimo alla moglie, donna sensuale, vitale, creativa e intensa. Capace di amare in modo vero, non edulcorato, non proiettato. Creativa al punto da saper fare un salto mentale lungo anni luce, capace di portarla al nostro secolo, di farle vedere la “persona” viva e vibrante che si nasconde dietro il volto e gli occhi (ah quegli occhi!) del marito. E lui, già premio Oscar per “La teoria del tutto”, in una prova artistica e umana difficile da dimenticare. Il suo sguardo e il suo sorriso mi sono rimasti impressi negli occhi al punto che penso che non dimenticherò facilmente la femminilità, la dolcezza, la verità di Lili. La sua storia, infine, è raccontata con una tonalità stilistica forse un po' troppo manieristica, eterea, ritrattistica, ma funzionale io credo a non rischiare il materialismo, considerato il tema trattato. Da vedere.

Zootropolis

Andate a vedere Zootropolis: è energetico, originalissimo, divertente, e soprattutto intelligente. Un film per bambini non tutto mossette e vocine, ma anzi imitazione di un trhiller americano vero, con colpi di scena, scenari curatissimi, incantati, e animali in caricature azzeccate. Io sono già pazza di Nick, la volpe, truffaldino ma con l'anima.

Revenant

Shakespeare rinasce in questo film potente, senza precedenti, che dipinge l'anima dell'uomo con i colori cupi di una vendetta, vista attraverso gli occhi di una Natura spettatrice selvaggia e arcaica. Tutto riporta ai fondamentali, ogni cosa si staglia sullo sfondo di un inverno gelido e purificatore: i sentimenti non conoscono sfumature e ambivalenze. Il freddo, la lotta per la sopravvivenza non lo permettono. C’è la fame, c’è il dolore, c’è l’odio, c’è l’amore: è tutto chiaro, tutto riportato alla sua essenza originaria. “L’uomo” si staglia in questo scenario di Natura primordiale e mostra la sua unicità: è animale, bestiale nei suoi istinti primari, ma anche capace di grandezza, di gesti di generosità straordinaria e di intelligenza che gli permette di sopravvivere in un contesto apparentemente senza speranza. Grandissimo Di Caprio, finalmente uomo, padre, occhi limpidi come la neve capaci di esprimere la disperazione che nasce dal dolore e dal bisogno primitivo di sopravvivere. Certo è il desiderio di vendetta che lo sospinge verso la vita, ma i suoi gesti raccontano anche la forza vitale e inesauribile della Natura che lo vuole vivo. E, shakesperianamente, la storia tutta in fondo ci racconta come non esistano buoni e cattivi, ma soltanto il Bene e il Male, e come l’uomo porti su di sé il fardello della responsabilità, unica, di fare la sua scelta.