Irrational man di Woody Allen: la banalità del Bene

In questo ultimo Woody Allen compaiono stereotipi, idee che ricorrono anche in altri suoi film di successo del passato: a partire da Crimini e Misfatti (capolavoro) Woody racconta l’intricato incastro esistenziale che esiste tra male e caso (o fortuna come dicevano i greci antichi). L’originalità di “Irrational man” però è nei due livelli di pensiero che si generano vedendo il film: il primo livello è quello della rappresentazione “letterale” dei fatti. Forse quello meno interessante. Il secondo livello (quello più interessante) è quello simbolico, quello che i fatti, gli accadimenti suggeriscono. Non mi addentro nella trama che svelerebbe troppi dettagli: ma quello che penso è che Woody è grande nel farci riflettere sui “falsi simulacri” che attraggono irrimediabilmente gli innocenti e su come sia facile confondere il bene con il male. Il male di “Irrational man” è tutt’altro che banale, anzi, si incarna in una mente brillante di un professore universitario, un uomo intelligente e affascinante e nasconde le sue ombre cupe e “psicopatiche” dietro una facciata bohemienne fatta di depressioni, spleen e poesia. Ma è “il Male”, quello con la M maiuscola: brilla di luce propria, è apparentemente più seducente del Bene, ma è in realtà una scorciatoia per l’inferno. Woody Allen in definitiva ci racconta come sia più “banale” e prosaica una vita condotta nella moralità, ma anche molto più difficile e come in fondo la “banalità del bene” sia l’unica strada eticamente praticabile.

Birdman di Alejandro González Iñárritu

Sono brutti, sporchi e dannatamente "attori" (utilizzo lo stile linguistico proprio del film) Michael Keaton e Edward Norton, divinamente bravi e in spicco per esercizio di stile e grandezza recitativa su tutti gli altri, ma ottimi anche Naomi Watts e Emma Stone. Un filmaccio senza filtri che racconta la brama, il desiderio quasi carnale di recitare, dell’attore pronto a tutto questa volta non per raggiungere il successo commerciale e hollywoodiano ma per il successo artistico, interpretativo, visionario, esistenziale. Keaton e Norton (personaggi del film) cercano spasmodicamente il confronto con il pubblico (teatrale non a caso), il dialogo con lo spettatore, il dialogo con se stessi, tanto che a un certo punto uno dei due si accorge che per lui la vita vera, la verità sta nell’arte (la recitazione) e e non nella vita. Film bello dentro ma brutto fuori, non commerciale, non convenzionale, newyorkese, e premiato agli Oscar da Hollywood. Incredibile.