Somewhere

Sofia Coppola racconta il suo tema (a quanto pare) preferito: il rapporto tra padre e figlia. Questa volta il padre è un attore di successo, che conduce una vita edonistica e senza veri obiettivi, tutto sommato parecchio infelice. E poi c’è la figlia, presenza vivificante e pura, leggera e capace di provocare una trasformazione nel padre.
Dove è l’originalità di questa storia (peraltro premiata a Venezia)? Da nessuna parte. Storia già vista e sentita, in questo film è raccontata in modo banale, con escamotage anche troppo visibili: la figlia angelica e le donne squallide e volgari che compongono l’harem pseudo amoroso del padre. Contrapposizione troppo facile. E il tentativo della regista di raccontare con lunghi piani sequenza senza tagli la noia esistenziale del protagonista, rende il tutto solo più noioso, perché non ha la grandezza di ispirazione di altri grandi che hanno utilizzato questo metodo.
Due cose sono ben riuscite: alcune scene spontanee (vedi la scena sott’acqua) di padre e figlia, e il cameo di squallore made in Italy con la serata dei telegatti, capitanata da Simona Ventura e Valeria Marini. Cosa poteva rappresentare meglio il trash televisivo? Qui c’è della bravura nella regista.
ps il trailer è bellissimo

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