Il discorso del re

Il film racconta attraverso una regia curatissima e illuminata il percorso verso la guarigione dalla balbuzie di re “Bertie” (Giorgio VI), duca di York, secondogenito di re Giorgio V e futuro re di Inghilterra, nonché papà della regina Elisabetta.
Cosa mi ha fatto amare più di tutto questo film? Io credo il racconto umano e esistenziale della personale vicenda del re, che trasforma quello che poteva essere un film storico come tanti altri in un film moderno, con un taglio quasi psicoanalitico. Sì, perché il re per guarire dalla balbuzie si affiderà a un estroso e umanissimo logopedista (ce ne fossero tanti di medici così umani), ottimo “psicologo” oltre che esperto di dizione, capace di intercettare con un intuito tanto creativo quanto bizzarro i tesori più nascosti nell’anima del suo rigido e regale paziente, e scatenare il lui una trasformazione profonda, vitale, irreversibile e salvifica.
Il film è moderno nel raccontare attraverso una fotografia emotiva e dialoghi ricchi di diretta intimità la storia personale, famigliare e politica del re, presentandolo come un eroe contemporaneo, portatore di una sua fragilità ma capace, attraverso un lavoro su se stesso duro e coraggioso, di trasformarla in forza morale e intellettuale.

Grandissima prova di attori: primi tra tutti Colin Firth e Geoffrey Rush, capaci di commuovere senza versare lacrime, asciutti e delicati nel raccontare questa storia di guarigione e di profonda amicizia. Molto convincente nel ruolo della moglie-amica anche Helena Bonham Carter.
NB da non perdere la regina Elisabetta in versione baby.

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